GUIDA ALLA VISITA
ARSENALE DI AMALFI
MUSEO DELLA BUSSOLA
E DEL DUCATO MARINARO
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Il percorso espositivo
L’Arsenale di Amalfi ospita le collezioni del Museo della Bussola e del Ducato Marinaro, che do- cumentano la storia millenaria della città e, con essa, il debito che il mondo moderno e la civiltà europea hanno nei confronti della civitas erede della tradizione di Roma. Reperti archeologici, codici e pergamene, monete antiche, strumenti nautici: gli splendidi spazi di questo imponente edificio medievale accolgono testimonianze di varia natura e tipologia, mol- te delle quali raccontano alcuni dei “primati” di Amalfi e il grande contributo che la popolazione costiera ha saputo offrire alla storia italiana e mediterranea. La visita comincia dalla prima navata sulla destra, una delle corsie dell’antico cantiere dove in origine si costruivano navi da guerra. Qui sono esposti preziosi reperti archeologici di epoca ro- mana e medievale, recuperati dal fondo del mare o provenienti dai viaggi di antichi marinai lungo le coste del mar Tirreno. La seconda navata è dedicata al periodo d’oro dell’antica repubblica marinara, poi diventata du- cato, nell’arco di tempo che va dal IX al XII secolo. Codici e pergamene documentano il funziona- mento della “città-Stato” di Amalfi e il suo progresso nel diritto e nell’organizzazione della società. Spicca la Tabula de Amalpha, prima raccolta di leggi sul mare in Italia, codice del diritto della navi- gazione rimasto in vigore fino al secolo XVI in tutto il Mediterraneo. Notevoli anche gli esemplari di tarì, moneta battuta dalla zecca di Amalfi e accettata in tutti i prin- cipali porti da Oriente a Occidente. Lo storico galeone al centro della corsia ricorda le sfide antiche e moderne tra Amalfi e le altre repubbliche marinare di Venezia, Genova e Pisa. Il percorso si chiude con una serie di strumenti di orientamento nautico tra cui la bussola, che gli Amalfitani utilizzarono per primi in Occidente, inventandola e perfezionandola così da rivoluziona- re le tecniche di navigazione e aprire la via dell’oceano verso il ‘nuovo mondo’.
L'Arsenale L’Arsenale di Amalfi è il monumento simbolo dell’antica potenza marinara della città. Documentato già nel 1042, è l’unico cantiere navale di epoca medievale ancora visitabile in Occidente, che presenta in gran parte la struttura originaria.
LE ORIGINI
Amalfi romana
La nascita di Amalfi ancora oggi è avvolta nel mistero ma è certa la sua origine romana. I primi insediamenti risalgono al I secolo d.C., quando ricche famiglie patrizie costruirono le pro- prie ville nei siti più favorevoli sul mare e nelle zone interne, come a Minori, Positano, Tramonti e nella stessa Amalfi. Le prime notizie certe sulla città risalgono al 591, quando il villaggio marino di Amalfi divenne una roccaforte difensiva (castrum) del Ducato bizantino di Napoli, impegnato a difendere i propri con- fini dall’avanzata dei Longobardi. Affacciato sul mare e protetto dalle montagne, il piccolo centro conobbe una rapida crescita accogliendo molte famiglie in fuga da altre aree della regione, ormai preda delle orde germaniche. Forte della posizione strategica in cui sorgeva, Amalfi si trasformò in poco tempo da borgo a città, tanto da diventare sede vescovile già nel 596. Sotto il governo bizantino la popolazione costiera imparò a difendersi dagli invasori stranieri, a far crescere la propria flotta navale e le proprie capacità di stringere alleanze con le città vicine, diventando sempre più autonoma da un punto di vista economico e produttivo.
TESORI SOMMERSI
REPERTI DAL FONDO DEL MARE
Gran parte dei reperti conservati nelle teche provengono dai fondali al largo di Amalfi, a testimonianza di come già in epoca romana il litorale costiero fosse solcato da navi da trasporto. Tra gli oggetti esposti spiccano contenitori e anfore di produzione siciliana, orientale e araba, che confermano i rapporti diretti tra la città di Amalfi e gli altri territori del Mediterraneo.
Nascita della Repubblica
Amalfi si staccò amministrativamente dal Ducato di Napoli il 1 settembre 839, data conosciuta come “Capodanno Bizantino”, per costituire una repubblica indipendente. Da quel momento mantenne una propria autonomia per circa tre secoli, collaborando con i Bi- zantini quando si trattava di difendersi dalle mire dei Longobardi della vicina Salerno. Pur restando sotto la tutela formale dell’Imperatore di Bisanzio, la città ottenne una libertà di fatto che andò sempre più rafforzandosi, permettendo a tutto il territorio di prosperare e di espandere i propri commerci. Grazie alla felice collocazione geografica, unita alle capacità dei suoi abitanti, Amalfi divenne una potenza riconosciuta e apprezzata in tutto il Mediterraneo tra il IX e il XII secolo. L’abilità sul mare e le grandi virtù diplomatiche permisero agli Amalfitani di navigare da Orien- te a Occidente, sviluppando proficui rapporti economici che portarono la costiera amalfitana a diventare il principale punto di scambi commerciali fra il mondo italico, l’impero bizantino e i territori arabi.
LAPIDARIO
TESTIMONIANZE DI ANTICHI VIAGGI
Le colonne, i capitelli e gli altri elementi architettonici di età imperiale romana sono verosimilmente frutto di antichi viaggi da parte della marineria amalfitana tra l’XI e il XII secolo. Molti di essi venivano imbarcati per essere rivenduti o riutilizzati, come il prezioso sarcofago in marmo del III-IV secolo d.C., reimpiegato nel XIII secolo come sepoltura.
IL MASSIMO SPLENDORE
Da Repubblica a Ducato marinaro di Amalfi
Il piccolo stato di Amalfi si organizzò politicamente come una repubblica, amministrata da Conti eletti annualmente e poi da Prefetti. Con il passare del tempo si trasformò sempre piu in maniera principesco-dinastica, fino a diventare simile a una monarchia nel 957, con l’istituzione di un du- cato retto da Duces che governavano per eredità. L’evoluzione della vita amministrativa fu accompagnata da un consistente sviluppo dell’economia e quindi dalla crescita in ricchezza e potenza della città. Prima come repubblica e poi come ducato marinaro, Amalfi seppe mantenere buone relazioni con tutti i popoli del Mediterraneo, spingendo i propri traffici dalla Spagna all’Africa settentrionale, fino alle coste asiatiche. La capacità commerciale degli Amalfitani era pari a quella politica. In un periodo storico molto turbolento come quello medievale seppero stringere accordi a secon- da delle circostanze con popoli differenti, compresi i temuti Saraceni. Tra il X e il XII secolo Amalfi conobbe il periodo di massima espansione, diventando una potenza commerciale e militare che dominava il traffico internazionale tra l’Oriente e l’Occidente. Da piccola roccaforte militare seppe diventare una città-Stato aperta a relazioni non solo econo- miche ma anche culturali, artistiche e scientifiche con gli altri popoli. Il centro urbano e i suoi din- torni si arricchirono di edifici pubblici e privati di pregio, che raccoglievano influssi e suggestioni dal resto del mondo. Chiese, conventi, palazzi, torri di avvistamento disegnavano il profilo di una capitale moderna e cosmopolita, che accoglieva ospiti da ogni parte del mondo e soprendeva i suoi visitatori per la bellezza e la ricchezza delle architetture e del paesaggio. Davanti al litorale furono realizzate importanti opere che univano antiche conoscenze romane e innovazioni di origine araba, come lo splendido Arsenale nel quale ci troviamo. Gran parte del- le strutture portuali e cantieristiche sono state sommerse da violenti cicloni mediterranei come quello del 1343. Alcuni resti di imponenti opere d’ingegneria idraulica sono ancora visibili sotto il mare a poche decine di metri dall’attuale linea di costa, raro e notevole esempio di tecnologia medievale sommersa.
PLASTICO DI AMALFI MEDIEVALE
LA FORMA URBIS NEL XIII SECOLO
La ricostruzione tridimensionale di Amalfi in epoca medievale è un fondamentale strumento di conoscenza della sua storia urbana. La realizzazione del plastico ha impegnato anni di studi e ricerche per riuscire a visualizzare la forma della città dopo i secoli d’oro della repubblica e del ducato marinaro.
Le repubbliche marinare
Con il termine “repubbliche marinare” vengono definite alcune città costiere italiane che durante il Medioevo prosperarono grazie alle proprie attività marittime. La definizione in genere fa riferi- mento alle più importanti tra queste: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, che tra il X e il XIII secolo dominarono nel mar Mediterraneo. Grazie alla loro autonomia politica, alla posizione geografica, alle grandi capacità commerciali e marinare, le quattro città portuali seppero conquistare il controllo dei traffici tra l’Europa, l’Asia e l’Africa, entrando in competizione con l’Impero Bizantino e con gli Arabi, che fino ad allora ne ave- vano avuto il monopolio. Lo sviluppo di queste grandi potenze navali favorì una nuova espansione europea verso Oriente dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente. Le loro imponenti flotte consentirono di controlla- re le rotte commerciali, di difendere le proprie città dalle incursioni dei pirati saraceni ma anche di avventurarsi in spedizioni come le Crociate. Gli intraprendenti mercanti di Amalfi, Venezia, Genova e Pisa diedero origine al moderno capitali- smo: coniarono monete d’oro e misero a punto nuove pratiche di cambio e di contabilità, gettando le basi della finanza internazionale e del diritto commerciale. Le repubbliche marinare diedero anche un contributo fondamentale allo sviluppo della navigazio- ne, incentivando progressi organizzativi, tecnologici e amministrativi: agli Amalfitani si deve la diffusione della bussola e la stesura della Tabula Amalphitana, codice marittimo utilizzato in tutto il Mediterraneo fino al XVI secolo; ai Veneziani l’invenzione della galea grossa; alle scuole di Pisa, Genova e Venezia gran parte della cartografia nautica dal XIII al XV secolo a noi pervenuta. Questo dominio a quattro continuò fino a quando ognuna delle diverse città trovò reciproca conve- nienza. Con il passare dei secoli aumentarono le forti rivalità che in seguito avrebbero condotto al declino di Amalfi e Pisa, travolte dalla potenza militare e politica di genovesi e veneziani. Gli emblemi delle quattro repubbliche ancora oggi compongono lo stemma della Marina italiana.
La Regata storica La “Regata delle Antiche Repubbliche Marinare” è una gara nata negli anni ’50 del secolo scorso per rievocare il periodo d’oro delle città di Amalfi, Venezia, Pisa e Genova. La competizione si tiene ogni anno in una città diversa e si svolge su galeoni ricostruiti su modelli del XII secolo, spinti da otto rematori e guidati da un timoniere per squadra. La regata è una competizione ricca di emozioni, molto sentita tra le comunità delle quattro città marinare e seguita da un grande pubblico. Il corteo storico è il momento centrale di tutta la manifestazione. Nel 1955 lo scenografo del Teatro San Carlo di Napoli, Roberto Scielzo, realizzò la scenografia e il disegno dei costumi del corteo di Amalfi, alcuni dei quali fanno parte della collezione del museo.
GALEONE STORICO
DELLA CITTA' DI AMALFI
Il galeone è la storica imbarcazione utilizzata nella “Regata delle Antiche Repubbliche Marinare”. Costruito interamente in legno, è lungo circa 11 metri, pesa circa 800 chilogrammi e sulla polena ha un cavallo alato come simbolo. È dipinto nel tradizionale azzurro con opera viva in rosso, che rappresentano colori della città di Amalfi. Questa imbarcazione ha gareggiato fino a quando i galeoni in legno non sono stati sostituiti da versioni realizzate con materiali più moderni e leggeri.
La Città-Stato
Gonfalone della città di Amalfi disegnato nel 1955 da Roberto Scielzo. Simboleggia le nobili origini della città come descritte nella prima pagina della Tabula de Amalpha.
L’espansione marinara e commerciale di Amalfi nell’area del Mediterraneo fu favorita da un sistema amministrativo che ancora oggi viene considerato un modello di organizzazio- ne e di buon governo nelle società del Medioevo. La capacità degli Amalfitani di affermarsi fuori dai propri confini si accompagnò all’abilità di gestire la propria cit- tà-Stato attraverso leggi e ordinamenti giuridici, codici ma- rittimi e regolamenti commerciali che furono fondamentali per la sua crescita socio-economica, oltre che molto signi- ficativi per la storia delle istituzioni medievali in Occidente. Il funzionamento della repubblica era disciplinato da un corpus legislativo di notevole importanza come le Pandette del Codice di Giustiniano, di cui Amalfi deteneva una copia originale del VI secolo, poi trafugata dai Pisani nel 1135. La vita del popolo amalfitano era regolata dalle Consuetudini della Città di Amalfi (Consuetudines Civitatis Amalphie), una raccolta di leggi che includeva norme relative a contratti di matrimonio, a questioni di cittadinanza e al diritto di proprietà, fornendo interessanti testimonianze anche sulla figura della donna, alla quale veniva attribuito un ruolo di primo piano nella società. Agli Amalfitani va soprattutto il merito di avere scritto il più antico statuto marittimo italiano: la Tabula de Amalpha, noto anche come “Tavole Amalfitane”, redatto intorno all’XI secolo. Si tratta del primo codice del diritto del mare ad avere disciplinato ogni aspetto della navigazione, compre- si obblighi e spettanze dei marinai, adottato in tutta l’area mediterranea fino al XVI secolo. Questi preziosi “codici di convivenza”, alcuni dei quali sono conservati in questo Arsenale, rien- trano tra i tanti primati di Amalfi, a testimonianza di come anche la sapiente regolamentazione della società civile e delle sue istituzioni abbiano contribuito al progresso sociale e alla prosperità economica della comunità costiera durante l’Età medievale.
PERGAMENE
L’ORGANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ
Queste sei pergamene, databili tra l’XI e il XIII secolo, forniscono indicazioni importanti sull’organizzazione politica e la vita socio-economica di Amalfi medievale. Le cinque più antiche sono redatte nella tipica scrittura curialesca di Amalfi, caratterizzata da forme piccole, aste lunghe e ghirigori ornamentali. Divenuta con il tempo sempre meno comprensibile, fu proibita da Federico II nel 1220, facendo spazio alla scrittura gotica e cancelleresca, con la quale è stata composta la sesta e più recente pergamena tra quelle esposte, databile al XIII secolo.
TECA 6
Pergamena n. 1 1007
Giovanni I duca A. 31 e Sergio III duca A. 5, 11 febbraio,
V indizione, Amalfi.
Il documento si riferisce a una divisione di beni siti in
Atrani, Maiori e Minori, effettuata da alcuni fratelli della
nobile stirpe atranese dei Gettabetta. Nel testo si fa
riferimento a un membro della famiglia assente perché
in navigazione.
(Inv. Pergamena n. 1. 1007 - 45 A).
Pergamena n. 2 Databile tra 1053 e il 1090
Assegnazione di una dote di 225 soldi
(equivalenti a 900 tarì) ad una giovane nobile.
(Inv. Pergamena n. 2 - 45 B)
Pergamena n. 3 1052
Mansone II duca A. 10 e Guaimario duca A. 5, 5 marzo,
V indizione, Amalfi.
Contratto di colonìa stipulato tra il monastero dei Ss.
Quirico e Giulitta di Atrani e Orso Docibile del territorio
stabiano, per la coltivazione di una terra seminatoria di
fagioli situata a Messigne, presso Pompei.
(Inv. Pergamena n. 3. 1052 - 45 C).
TECA 8
Pergamena n. 1 18 febbraio 1209 (indizione XII)
XII anno del regno di Federico II.
Concessione di castagneto e vigna di proprietà
arcivescovile siti a Nocellito di Tramonti.
(Inv. Pergamena n. 14 - 45 D).
Pergamena n. 2 1012
Sergio III duca A. 10, 10 maggio, X indizione, Amalfi.
Contratto di vendita di una vigna situata nella località
Ponteprimario di Maiori, i cui attori sono esponenti del
ceto mediocre o mediano.
(Inv. Pergamena n. 2. 1012 - 45 E).
Pergamena n. 3 Databile tra 1085 e il 1094
Vendita di un castagneto sito a Novella di Tramonti.
(Inv. Pergamena n. 5 - 45 F).
La marineria
Per tutto il Medioevo Amalfi ebbe una numerosa e potente flotta sia militare che mercantile, che rappresentò un asso nella manica per i traffici della repubblica marinara lungo le coste del mar Mediterraneo. Una flotta mercantile consistente e ben attrezzata sostenne a lungo le capacità politiche e commerciali degli Amalfitani. Navi da commercio come il nabidium o il buctius trascor- revano gran parte della propria esistenza sui mari, restando lontane anche diversi anni, impegna- te in continui spostamenti tra l’Africa settentrionale, la Spagna, la Provenza, la costa siro-palesti- nese e l’Asia Minore. Le piccole navi mercantili venivano costruite sugli arenili lungo le coste, in una sorta di cantieri all’aperto chiamati scaria. Lo scarium di Amalfi medioevale oggi si trova sotto il mare di fronte alla città, dove sono stati scoperti moli e attracchi di età medievale. La marina militare amalfitana mantenne un’importanza pari a quella napoletana, restando in pri- mo piano nelle lotte che si svolsero lungo le coste meridionali della penisola. La flotta militare contribuì più volte a liberare il mar Tirreno dai corsari saraceni, come nella celebre battaglia di Ostia dell’849, che salvò Roma dall’attacco degli Arabi. Le navi da guerra degli Amalfitani cambiarono nel corso dei secoli. Inizialmente venivano utilizzati i dromoni, navi a due piani che impegnavano cento rematori disposti a coppie, ognuna con un solo remo. Intorno al IX secolo arrivarono le sagene, imbarcazioni piccole e veloci spinte da una sola vela. In quello stesso secolo fece la sua apparizione la galea, nave da combattimento stretta, lunga e a basso pescaggio, il cui nome vuole dire “pesce spada”, per la forma dello scafo, spinto da vela latina. Per la costruzione delle sue navi da guerra Amalfi realizzò lo splendido Arsenale nel quale ci troviamo, che è stato per secoli un cantiere navale dove si costruivano e riparavano imbarcazioni militari. La grande esperienza sul mare, l’abilità politica e le necessità di tutelare i propri traffici commer- ciali spinsero gli Amalfitani a produrre leggi e norme che potessero regolamentare la vita sul mare. Il popolo amalfitano fu tra i primi a elaborare norme giuridiche sulla navigazione e sul commercio marittimo, che intorno al XII secolo raccolse in un vero e proprio codice: la Tabula de Amalpha, Il codice, conosciuto anche come Tavole Amalfitane, è la prima raccolta di leggi sul diritto della navigazione in Italia ed è stato adoperato in tutta l’area del Mediterraneo fino al XVI secolo.
La battaglia di Ostia: Raffaello Sanzio, affresco (1514-1515);Musei Vaticani, Roma.
TABULA DE AMALPHA
LE PRIME LEGGI DEL MARE IN ITALIA
La Tabula de Amalpha è una pietra miliare nella storia del diritto marittimo e uno dei più importanti documenti della storia medievale italiana. Per cinque secoli è rimasto il riferimento di chiunque navigasse nel bacino del Mediterraneo, contribuendo a uniformare la legislazione marittima lungo le coste da Oriente a Occidente, comprese quelle arabe. Trascritte intorno al 1132, le Tavole amalfitane contenevano una serie di norme che regolamentavano tutto ciò che riguardava la navigazione. Il codice disciplinava i traffici, i commerci e il comportamento in mare dei membri di un equipaggio, attribuendo a ciascuno di loro specifici diritti e doveri. Si affrontava il problema dei compensi e dell’assistenza dei marinai infortunati o ammalati; si indicava come agire in situazioni di emergenza, quali ad esempio assalti di pirati o avarie; si affrontavano le questioni relative ai noleggi, agli indennizzi in caso di perdita di merce e si stabilivano i diritti e i doveri degli armatori. La versione originale della Tabula de Amalpha non esiste più. Il testo è giunto sino a noi tramite copie scritte a mano come quella presente nel Codice Foscariniano qui esposto, che contiene la versione più completa delle tavole. Il codice fu ritrovato a Vienna e acquistato dal governo italiano nel 1929, per poi essere donato alla città di Amalfi.
Codice Foscariniano Manoscritto del XVI secolo Raccolta di fonti amalfitane medievali tra le quali la “Tabula de Amalpha”
[TECA 7] Questo corposo codice contiene la copia completa delle Tavole Amalfitane, la cui versione originale è andata dispersa. Oltre alla Tabula de Amalpha, nel volume sono state trascritte altre importanti fonti medievali amalfitane: le Consuetudines Civitatis Amalphitanie (raccolta di leggi redatta nel 1274); il Chronicon omnium Episcoporum et Archiepiscoporum Amalphitanorum (cronaca dei vescovi e degli arcivescovi della diocesi di Amalfi dalle origini al XVI secolo); il Dell’Origine di Longobardi et di Normandi; la Disfida di Barletta; la Descrizione delle cose del Regno dé Sicilia scritta da Alfonso Crivelli; la Relazione delle cose del Regno d’Inghilterra scritta da Petruccio Ubaldino Fiorentino nel 1551. Il Codice prende il nome dal Doge di Venezia Marco Foscarini, al quale appartenne.
Il commercio
Gli Amalfitani furono tra i primi e i principali artefici di un sistema economico unitario nel Mediter- raneo, all’interno del quale merci e persone circolavano liberamente, superando divisioni politiche e religiose. I mercanti di Amalfi fecero da abili mediatori tra gli Arabi d’Africa e di Spagna, l’Oriente bizantino e l’Occidente romanico-germanico, diventando il tramite commerciale di civiltà diame- tralmente opposte. Erano presenti in Italia meridionale e settentrionale, lungo la costa nordafrica- na e quella spagnola. Furono tra i primi occidentali a spingersi fino in Siria e poi ad Alessandria, al Cairo e soprattutto a Costantinopoli, dove ebbero un loro quartiere, con terre, fondaci, una chiesa e un cimitero, prima ancora dei Veneziani e dei pisani. L’attività dei negotiatores amalfitani si basava soprattutto sull’intermediazione: ai popoli mediter- ranei fornivano prodotti europei, in primo luogo il legno, e sui mercati italiani portavano in cambio merci di origine araba e bizantina. Numerose erano le rotte lungo le quali gli esperti mercanti si muovevano. Verso Oriente trasportavano prodotti della terra come castagne, mandorle, pistacchi, miele e grano, oppure seta siciliana, tessuti di lino e soprattutto il legname. Sulle rotte inverse ripor- tavano, oltre all’oro ricevuto in pagamento, tessuti finissimi, arazzi, spezie, pepe e arredi di lusso. Nella società amalfitana si formarono i primi grandi uomini d’affari del Medioevo, molti dei quali accumularono ricchezze enormi. Alcuni di questi furono anche filantropi e mecenati, contribuendo alla costruzione di opere pubbliche come l’Ospedale di Gerusalemme, che ospitava l’ordine mona- stico cavalleresco di S. Giovanni, poi diventato “cavalieri di Malta”, il cui simbolo è la croce di Amalfi.
TARÌ
LA MONETA DI AMALFI
Il tarì è stato per secoli la moneta ufficiale di Amalfi, diffusa negli scambi commerciali in tutto il Mediterraneo. Dominatore dei traffici in mare lungo le coste da Oriente a Occidente, lo Stato amalfitano fu autorizzato a battere una propria unità monetaria intorno all’XI secolo, affiancandola a quelle già in circolazione nell’impero bizantino, in Africa e nei principati longobardi. I tarì amalfitani avevano origine dall’analoga moneta araba, a dimostrazione dei saldi rapporti commerciali sviluppati con il mondo islamico. La zecca di Amalfi coniava monete simili a quelle musulmane, che si scambiavano con altre valute tra cui il soldo bizantino, dal valore di 4 tarì. Il potere di acquisto della moneta amalfitana era consistente: un nabidium (nave da commercio) nel 1085 valeva 4000 tarì; un’abitazione di tre piani nel 1128 costava 3000 tarì; una pergola di 28 mq di vite nel 1070 valeva 15 tarì. I tarì coniati ad Amalfi contenevano oro e argento in parti uguali, con piccole aggiunte di rame, e pesavano circa un grammo. Le prime monete erano una fedele riproduzione dell’omonima valuta araba recante sul diritto e sul rovescio alcune iscrizioni cufiche a tema religioso. A lungo andare l’iscrizione originale venne riprodotta in una forma sempre più corrotta diventando un semplice ornamento, per cui viene definita dagli esperti “pseudo-cufica”. Il ritorno alle forme canoniche con l’aggiunta del nome del re normanno si verificò con Guglielmo II (1166-1189). La zecca di Amalfi cessò la sua attività nel 1222, quando Federico II la chiuse definitivamente.
N. 1 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba
e globetto centrale nel dritto e nel rovescio.
Zecca di Amalfi - prima metà del secolo XI.
Diametro 13 mm – Inv. 13
N. 2 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba e
croce pomettata sul dritto e sul rovescio.
Zecca di Amalfi – ultimo quarto dell’XI secolo.
Diametro 13 mm – Inv. 14
N. 3 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba e
globetto centrale nel dritto e nel rovescio.
Zecca di Amalfi – inizi del XII secolo.
Diametro 13 mm – Inv. 15
N. 4 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba,
la “R” di Ruggero II sul dritto e la croce ottagona,
simbolo di Amalfi, sul rovescio.
Zecca di Amalfi – ca. 1140-1154.
Diametro 13 mm – Inv. 16
N. 5 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba.
La “R” di Ruggero II sul dritto e la croce ottagona,
simbolo di Amalfi, sul rovescio.
Zecca di Amalfi – ca. 1140-1154.
Diametro 13 mm – Inv. 17
N. 6 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba.
La “R” di Ruggero II sul dritto e la croce ottagona,
simbolo di Amalfi, sul rovescio.
Zecca di Amalfi – ca. 1146.
Diametro 13 mm – Inv. 17
N. 7 Tarì d’oro con legenda pseudocufica araba.
La “R” di Ruggero II sul dritto e la croce ottagona,
simbolo di Amalfi, sul rovescio.
Zecca di Amalfi – ca. 1146.
Diametro 13 mm – Inv. 18
La navigazione
Per gli antichi la navigazione era un’attività necessaria ma spesso piena di rischi. I marinai del passato navigavano vicino alle coste senza mai perdere di vista la terraferma, tecnica utilizzabile nel Mediterraneo ma che comportava viaggi interminabili. Con il passare del tempo si cominciò ad affrontare il mare in maniera diversa, aiutandosi con le osservazioni astronomiche e con primi strumenti di orientamento come i sestanti, apparsi già ai tempi degli antichi Greci e Romani, intorno al II secolo a.C. Il punto di svolta per la navigazione arrivò con l’invenzione di strumenti nautici magnetici ad acqua nel corso dell’XI secolo. I periti in arte maritima amalfitani idearono uno strumento più efficace, la bussola, per individuare i punti cardinali e permettere di orientarsi sia di giorno che di notte con qualsiasi condizione meteorologica. Il suo funzionamento si basa su un ago magnetizzato libero di girare su un perno, che si allinea lungo il campo magnetico terrestre, indicando la direzione nord-sud. Questo strumento rivoluzionario ha migliorato la navigazione facilitando i commerci marittimi e i viaggi per mare, rendendoli più sicuri ed efficienti. Grazie alla bussola magnetica furono prodotte le prime “carte da navigare”, che migliorarono sensibilmente le conoscenze geografiche e mediante le quali furono aperte all’uomo europeo le vie dell’oceano e le scoperte di nuovi mondi, che senza la bussola sarebbero rimasti sconosciuti. Oggi la bussola è ancora utilizzata nella navigazione in mare aperto e più in generale in vasti spazi dove non ci sono punti di riferimento ma in buona parte è stata sostituita da mezzi elettronici e satellitari come GPS, girobussole, radiobussole e, in caso d’emergenza, persino bussole solari. Per secoli si è pensato che la bussola magnetica fosse stata inventata dall’amalfitano Flavio Gioia ma oggi sappiamo che probabilmente la sua figura non è mai esistita. È però certo che gli Amalfitani, intorno alla metà del XIII secolo, siano stati i primi a realizzare uno strumento magnetico a secco, che dapprima chiamarono pyxis nautica e poi bussola, dopo l’applicazione della Rosa dei venti.
BUSSOLE E SESTANTI
STRUMENTI PER L’ORIENTAMENTO
Bussole e sestanti ottocenteschi provenienti dalla Scuola Nautica di Amalfi. I sestanti servivano per misurare l’azimut degli astri e, quindi, per stabilire la latitudine geografica.
Flavio Gioia Secondo la tradizione sarebbe stato un navigatore vissuto intorno al XII-XIV secolo, al quale per lungo tempo è stata attribuita l’invenzione, o meglio il perfezionamento, della bussola magnetica inventata dai cinesi. Alcune ricerche storiche, tuttavia, fanno pensare che Flavio Gioia non sia mai esistito e che all’origine della leggenda ci sia l’interpretazione errata di un manoscritto cinquecentesco. Tra realtà e finzione, leggenda o mito, è comunque certo che Amalfi ha avuto un ruolo determinante nella storia della bussola. Furono gli Amalfitani, prima del 1300, ad applicare sopra l’ago magnetico un disco di carta con la rappresentazione della famosa “Rosa dei venti” a otto punte. Le punte richiamano con evidenza la croce simbolo di Amalfi ma soprattutto i nomi dei venti tradiscono l’origine della creazione: Tramontana deriva da Tramonti, comune a nord di Amalfi, mentre gli altri venti spirano secondo direzioni che convergono sulla costa amalfitana: Libeccio dalla Libia, Scirocco dalla Siria, Grecale dalla Grecia.
FLAVIO GIOIA
LEGGENDARIO INVENTORE DELLA BUSSOLA
Maquette realizzata come modello della statua di Flavio Gioia che si trova nella piazza antistante all’Arsenale. Alfonso Balzico, anno 1902 - Scultura in bronzo.
“E poi c’è Amalfi, la città più prospera di Longobardìa, la più nobile per le sue origini, la più illustre per le sue condizioni, la più ricca ed opulenta. Il territorio di Amalfi confina con quello di Napoli, che è città bella, ma meno importante di Amalfi”.
Ibn Havqal
Viaggiatore e geografo arabo, 977 ca.



